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La Promessa della Pace mondiale

La Promessa della Pace mondiale

È stato pubblicato nell'ottobre 1985 ed è rivolto ai popoli del mondo. Sono trascorsi 37 anni da quando la Casa Universale di Giustizia lo ha divulgato in tutti e cinque i continenti, eppure “La promessa della pace mondiale” è un messaggio quanto mai attuale.

«La pace mondiale non solo è possibile, è inevitabile». Così esordiva la suprema istituzione della Fede bahá'í in apertura del documento, stabilendo che essa «è lo stadio successivo nell'evoluzione del nostro pianeta». Agli esordi del terzo millennio possiamo affermare, senza tema di smentita, che l'umanità sta accelerando sempre di più questo processo evolutivo. La crisi climatica, i venti di guerra che continuano a soffiare in svariate parti della terra - anche nel vecchio continente europeo -, il collasso del sistema finanziario eretto dalle élite del capitalismo, le emergenze sanitarie, le disparità persistenti ad ogni livello della società ancora testimoniano che «il bisogno di pace si fa sempre più urgente». La chiarezza su questo punto, già allora scriveva la Casa di Giustizia, «permetterà a tutti i popoli di mettere in moto quelle forze sociali costruttive che, accordandosi con la natura umana, promuoveranno armonia e cooperazione invece di guerre e conflitti». La visione della Fede bahá'í non offre spazio ad alcuna ambiguità: preannuncia per l'umanità un futuro in cui si libereranno «le potenzialità insite nella condizione umana» e si manifesterà «la piena misura del destino dell'uomo sulla terra, l'innata eccellenza della sua realtà». L'attuale confusione in atto nel mondo e le disastrose condizioni delle faccende umane altro non sono che «una fase naturale di un processo organico irresistibilmente diretto alla finale unificazione dell'umanità in un unico ordine sociale i cui confini saranno quelli stessi del pianeta».

Nella lettura della realtà del pianeta, “La promessa della pace mondiale” è ancora drammaticamente attuale: è una terra in tumulto, in preda a convulsioni generate dalla «degradazione del comportamento», dalla «corruzione» e dal «disfacimento delle istituzioni umane», tanto per citarne alcune, figlie dell'oscuramento della lampada della religione. Ed è chiara sul ruolo della religione nel costruire fondamenta sicure per l'affermazione di un processo di pace. «Nessun serio tentativo di indirizzare nel senso giusto le faccende umane e di ottenere la pace mondiale può ignorare la religione», vi si legge. Parole che ben descrivono lo stato di consapevolezza che da anni anima i leader delle grandi religioni monoteiste e li muove verso un'unità d'intenti nell'affermazione del ruolo che la Parola sacra ha esercitato sulla espressione ed evoluzione della civiltà, guidandone i passi. Eppure, «per quanto vitale sia stata la forza della religione nella storia dell'umanità», essa è stata soppiantata da ideologie e dottrine materialiste, «surrogati di fede» che hanno sacrificato sull'altare delle logiche del mercato milioni di persone e prodotto «mali sociali ed economici» che, oggi come sul finire del ventesimo secolo, «appestano ogni landa della terra». Lo stato in cui versa attualmente il pianeta e l'umanità rendono ancora più calzanti gli interrogativi posti da “La promessa della pace mondiale”: «È giunto il momento in cui i predicatori dei dogmi del materialismo, sia in Occidente che in Oriente, sia del mondo capitalista che di quello socialista, rendano conto della guida morale che hanno preteso di esercitare. Dov'è il “nuovo mondo” promesso da queste ideologie?... Perché la vasta maggioranza dei popoli del mondo affonda sempre più cupamente negli abissi della fame e della sventura mentre smisurate ricchezze... sono a disposizione degli odierni arbitri delle faccende umane?».

Il messaggio rivolto nel 1986 dalla Casa di Giustizia ai popoli e ai governanti del mondo pone questioni fondamentali per il raggiungimento della pace. La principale «è come il mondo attuale, con la sua radicata consuetudine al conflitto, possa mutarsi in un mondo in cui prevalgano l'armonia e la cooperazione». Per la Fede bahá'í la risposta è una: l'unità del genere umano, «verità spirituale confermata da tutte le scienze umane: l'antropologia, la fisiologia, la psicologia riconoscono infatti l'esistenza di un'unica specie umana, benché infinitamente diversificata negli aspetti secondari dell'esistenza. Riconoscere questa verità esige l'abbandono dei pregiudizi, di qualunque tipo di pregiudizio: di razza, classe, colore, credo, nazionalità, sesso, o grado di civiltà materiale, qualunque cosa insomma che induca esseri umani a considerarsi superiori agli altri». Niente servirà alla causa della pace più dell'adozione di una «struttura autenticamente universale» che si adoperi nel concreto per abbattere le barriere del razzismo e sradicare la disparità fra ricchi e poveri, lo sfrenato nazionalismo (in favore dell'amore per l'intera umanità) e le lotte religiose e per favorire l'emancipazione delle donne e il conseguimento della piena parità fra i sessi e l'educazione universale. «È l'ignoranza, infatti, il principale motivo del declino e della caduta dei popoli, nonché del perpetuarsi dei pregiudizi», si legge nel messaggio del 1986, che sottolinea l'importanza di «insegnare a ogni fanciullo il concetto di cittadinanza mondiale come parte della sua educazione di base». In ogni caso, evidenzia “La promessa della pace mondiale”, l'abolizione della guerra «non è una mera faccenda di firme di trattati e protocolli», perché «basata su accordi politici, l'idea della sicurezza collettiva rimarrà una chimera». E' trattare i problemi inerenti la pace innalzando la situazione «a livello dei princìpi». «La pace fiorisce da uno stato interiore sostenuto da una visione spirituale o morale» rimarca il documento, partendo dal presupposto che «il pregio essenziale del principio spirituale consiste non solo nel fatto che esso presenta prospettive in piena armonia con la natura dell'uomo, ma che produce altresì atteggiamenti, energie, volontà e aspirazioni atti a favorire la scoperta e l'attuazione di misure pratiche».